La piazza è oggi intitolata al comandante partigiano Giulio Paracchini (nome di battaglia “Gino”), ucciso dalle Brigate Nere sui monti sopra Dongo il 24 aprile 1945.
E’ proprio su questa piazza che la colonna degli automezzi tedeschi in fuga verso il confine viene passata al setaccio, scoprendo così Benito Mussolini e suoi gerarchi. Il popolo di Dongo vide scendere il Duce da un camion della Contraerea tedesca, e lo vide entrare dentro Palazzo Manzi, consegnato al comandante della 52° Brigata Garibaldi, Pier Luigi Bellini delle Stelle “Pedro”, che lo arrestò ufficialmente.
Il lungolago è invece il luogo della fucilazione dei 15 gerarchi e fedelissimi del Duce, ad opera del plotone comandato da Walter Audisio “Colonello Valerio”. La ringhiera non è mai stata sostituita, e porta ancora oggi i segni dei proiettili dei mitra degli esecutori. Dopo la fucilazione i corpi verranno poi trasportati, con i cadaveri di Mussolini e della Petacci, a Piazzale Loreto a Milano per essere esposti al pubblico.
Tra i fucilati di Dongo, i ministri della R.S.I. Ferdinando Mezzasoma, Paolo Zerbino, Augusto Liverani, Ruggero Romano, il sottosegretario della Presidenza del Consiglio Francesco Barracu e il segretario del Partito Fascista Alessandro Pavolini.